Il dottore ( come il veterinario e la levatrice)  stava a Corniglio, a cinque chilometri di strada.  Prima dell’avvento del telefono lo si chiamava col corno (la conchiglia).  A parte questo, la grande differenza tra quei tempi e i nostri è costituita dai farmaci.  Gli antibiotici sono stati scoperti in tempi relativamente recenti.  Fino alla scoperta della penicillina, ( disponibile come farmaco solo dopo il 1940) si moriva per una semplice polmonite o un’infezione banale. I medicinali disponibili erano pochi e generalmente riservati alle malattie più serie o a quelle croniche. 

I malanni più semplici e frequenti venivano quindi curati in casa, con rimedi tradizionali, a partire dalle risorse a portata di mano. A  conoscere e somministrare questi rimedi erano le donne, che potevano valersi di  erbe, mezzi magici e rimedi empirici vari, da soli o associati fra loro. 

RIMEDI 

– Qualche prodotto farmaceutico:  acido salicilico (aspirina), vaselina, vegetallumina (per svariati problemi, dal prurito alle distorsioni), magnesia,  olio di merluzzo e di ricino, ittiolo, streptosil in polvere ( dopo la scoperta della penicillina), tintura di iodio, rinoleina in tubetti ( per il raffreddore) …. e Ferrochina come ricostituente.

– Erbe:  la raccolta delle erbe medicinali si faceva per S. Giovanni, la notte magica, e  quelle più usate erano la malva, la camomilla, la salvia   e il sambuco. 

La Salvia si usava come decotto per le gengiviti e le infiammazioni della bocca, in generale. Si facevano sciacqui e gargarismi più volte al giorno con il decotto. 

La Malva, essendo un ottimo emolliente e lenitivo, era utile, sempre come decotto, per tutte le infiammazioni delle mucose e degli organi interni: bocca, intestino, vie respiratorie e urinarie, parti intime . 

La Camomilla, anche questa in forma di decotto, era più adatta per impacchi agli occhi infiammati, per calmare lo stomaco e per tranquillizzare il sonno . 

Il sambuco, come fiore seccato, si faceva bollire in acqua e il decotto si beveva addolcito con miele per staccare la tosse. Un mazzo di sambuco sulla porta della stalla teneva lontane le malattie dal bestiame. 

– Le Segnature :  Si potevano “segnare” le scottature, le storte, l’erisìpela  (la rusìpla ), il fuoco di Sant’Antonio, i vermi. C’erano sempre, in paese, delle persone, per lo più donne, che “sapevano segnare” e ognuna aveva la propria specialità. 

La formula e i riti della segnatura venivano trasmessi solo la notte di Natale, ad un successore prescelto: se il segreto fosse stato svelato in altri momenti o solo per curiosità, avrebbe perso tutto il suo potere. 

Alcune capacità terapeutiche derivavano invece dal fatto che,  al momento della nascita,  si ponesse nel palmo della mano del neonato un oggetto particolare.  La neve, ad esempio, dava la capacità di curare, con il massaggio, le mastiti delle donne e delle bestie. Una moneta d’argento nella mano del neonato conferiva a quella mano  la possibilità di curare forme cutanee come l’erisipela e, nel  momento del rito, si usava la moneta per “segnare”. 

Polentine, cataplasmi, impiastri bollenti di semi oleosi avvolti in una pezza venivano  applicati sul petto per “ammorbidire”    ( maz’rir) la tosse. 

Un mattone scaldato nella stufa e avvolto in un panno, faceva bene per le bronchiti o per tenere calda un’articolazione o un muscolo dolente. 

La dieta

Tra i cibi andavano privilegiati quelli “rinfrescanti”, cioè emollienti e depurativi, associati al “bianco”, come il riso, il burro, il latte, ma anche la frutta fresca, le verdure amare . L’alimento “rinfrescante” per eccellenza era “l’oli bon”, l’olio d’oliva, che si doveva comperare ed  era costoso. Infatti la “süpa con l’oli” era riservata alle puerpere, per il suo effetto benefico su tutti i visceri. 

Erano invece da usare con moderazione  gli alimenti che “ti mandavano il riscaldo”, cioè irritanti e che infiammavano le mucose.  Appartenevano a questa categoria in primo luogo il pomodoro, cotto o conservato, e poi tutti i cibi piccanti, salati, i formaggi molto stagionati, i salumi, la frutta secca …accostati al colore “rosso”. 

Ricordiamo che, fin dal Medioevo, gli alimenti erano suddivisi in “caldi” e “freddi”. Quelli “caldi”, tanto per fare un esempio che chiarisce il concetto, erano usati con molta prudenza nella cucina dei monasteri.